Quando eravamo piccini, alle scuole superiori, io e il mio amico Vladimir non eravamo delle cime. Eravamo simpatici, burloni, disponibili, certo, ma non esattamente quei tipi di alunni che speri ti passino la versione di latino o greco. Anzi, a volerla dire tutta, noi eravamo quelli che la versione l’aspettavano. Sempre.
Io e Vladimir, alle superiori, facevamo solo una cosa: leggevamo. Avevamo creato una sorta di patto con i professori. Noi ci privavamo dell’agio degli ultimi banchi, evitando così di fare troppo i monellacci, ricevendo però in cambio il permesso di leggere dei libri durante le ore di lezione.
Ora, detta così può sembrare un pò troppo radicale. Non è che leggessimo E BASTA. Facevamo anche tante altre cose. Diciamo però che una quota parte delle “ tante altre cose” era sicuramente leggere.
In quegli anni ricordo di aver letto una cifra spropositata di libri. A scuola e a casa. Ero, come Vladimir, onnivoro. Spaziavamo dai classici della letteratura russa alla beat generation americana. E cosa succede quando leggi i classici della letteratura russa a quindici anni? La risposta è pressocchè scontata: non capisci un cazzo.
Tra i libri letti a quindici anni c’era anche Il Giovane Holden di J.D.Salinger. E in queste vacanze di Natale, visto che ho avuto degli intoppi ai programmi stilati, ho fatto una cosa che non faccio mai. Ho riletto un libro già letto. Il Giovane Holden, per l’appunto.
Iniziamo dicendo alcune cose su “Il Giovane Holden”.
La prima: del libro letto 19 anni fa, a 15 anni, non ricordavo niente. È stata una scoperta scioccante. Non ricordavo la trama, i personaggi principali, il prologo, lo svolgimento, l’epilogo. Niente. Quindi rileggere i libri, dopo un pò, tutto sommato è cosa buona e giusta.
La seconda: non ridevo così tanto leggendo un libro da anni. Lo scrittura del libro, giovanile, diretta (parliamo di un testo del 1951) ti mette letteralmente affianco a Holden Caulfield, un sedicenne un pò schizzzato in lotta coi suoi labirinti mentali, in una New York di fine dicembre. L’utilizzo di espressioni gergali e di una stesura molto vicina al parlato rende la lettura immediata. Inoltre, la chicca su cui ogni volta ho riso come un matto è che ogni personaggio è preceduto da un “vecchio/a”. La sorella di Holden è la vecchia Phoebe. Il professore saggio a cui Holden chiede aiuto è il vecchio Antolini. A volte sembra che il tutto sia ambientato a Bassano del Grappa e non a New York.
La terza: Il giovane Holden, a detta di tutti, è un capolavoro della letteratura americana. Non lo dico io, lo dicono tutti. Nel caso quindi doveste e voleste comprarlo, sentitevi rincuorati dal giudizio di tutti e non solo da quello di Giorgio Damato.
La quarta: la vita schiva e misantropa dell’autore, J. D. Salinger, e il successo ottenuto dopo la pubblicazione, rendono il libro un vero e proprio feticcio della cultura occidentale.
Sulla trama invece, infine, non dirò niente, altrimenti che gusto c’è a leggere il libro?
E comunque, nonostante non fosse un approccio canonico alla quotidianità scolastica, il leggere molti libri (e lo scrivere) ha fatto sì che il mio amico Vladimir al momento sia il miglior drammaturgo Under 35 in Italia. E tra l’altro, si chiama Fabrizio, non Vladimir. Ma questa è un’altra storia.
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