#VLTN


Negli anni ’90 e nei primi 2000 tutti gli immigrati presenti nella mia città, a prescindere dalla loro effettiva nazione d’origine, venivano chiamati: marocchini. Faceva poca differenza se fossero, egiziani, tunisini, somali o eritrei. Tutti venivano annoverati nel mare magnum razziale dei marocchini. A dire il vero, molte volte anche dei: “marrocchini”, equipaggiati foneticamente, contro la loro volontà, sia di due giuste “c” che di due erronee “r”.

Il primissimo ricordo che mi lega ai marrocchini (da qui andrò con la versione local, rafforzata delle consonanti non richieste) fu quando a mia madre rubarono il portafogli al mercato comunale, in un sabato mattina di marzo. Tutti ci convincemmo che fossero stati i marrocchini, nonostante i Ris di Parma non fornirono e non hanno ancora fornito prove lampanti in merito.
Il secondo ricordo dei marrocchini invece, mi riporta con nostalgia alla figura di Kaled.
Kaled era un pizzaiolo (marocchino) che lavorava nella pizzeria accanto casa. Fece la fortuna del proprietario nei primi anni di creazione

Era bravissimo nel suo lavoro e molto in gamba con gli avventori. A un certo punto però, come tutte le storie belle, il marrocchino Kaled (che era tunisino) litigò con degli altri marrochhini (che erano algerini) e fu costretto ad andare via.
La notizia fece il giro del quartiere e fummo tutti dispiaciuti dell’addio di Kaled. Era simpaticissimo, era perfettamente integrato nel tessuto sociale, parlava addirittura dialetto e cosa non trascurabile: faceva una pizza meravigliosa.
Kaled restaurò l’immagine negativa che i marrocchini si erano guadagnati nell’alveo dei nostri vissuti di provincia. Da Kaled, mai al mondo ci saremmo aspettati un furto di un portafogli. Neanche i Ris di Parma l’avrebbero mai immaginato…

Tanto fummo tristi per l’addio di Kaled, altrettanto ridivenimmo felici quando dopo qualche anno Kaled ritornò a Barletta.
Nel frattempo era stato a casa (in Tunisia, non in Marocco) aveva aperto una pizzeria, l’aveva venduta ed era ritornato nella città in cui aveva lasciato il cuore, oltre a tanti amici marrocchini. Kaled aprì una pizzeria a Barletta, per conto suo.

In pizzeria da Kaled lavoravano due persone : sua moglie e Valentino.
Valentino veniva a scuola con me. Aveva perso un anno e ce l’eravamo trovati al primo liceo. Era bassino, simpaticissimo, ambiva ad essere ribelle e sfrontato ma aveva l’animo buono come un carpentiere coccolone. Noi lo chiamavamo Valendog, perché simile a Dylan Dog (con qualche centimetro in meno). Kaled invece lo chiamava: Vhlhntinhhhh.
Quando Kaled chiamava Valentino, tutti noi sorridevamo. La pronuncia delle vocali strozzate producevano un suono magico e irripetibile. Tutt’oggi, quando sento nominare Valentino, io non associo né il motociclista nè la festa consumistica che ha rovinato milioni di coppie nel mondo. Ogni volta che sento quel nome io penso a Valentino Chieco, in arte Valendog, e più precisamente a come veniva chiamato quando lavorava da Kaled: Vhlhntinhhhh.

Non abito più stabilmente a Barletta dal 2006. Da 12 anni non ho notizie di Valentino. Non so dove sia, come stia, se vive a Barletta o se vive altrove. Non so se ogni tanto va a trovare Kaled. Non so nulla di lui, da più di 12 anni. Da qualche giorno però vedo la nuova campagna di: Valentino, brand di moda planetario.
I modelli voluttuosi con i volti languidi e le lettere del marchio senza vocali (che presto saranno un ashtag) per me continueranno a farmi pensare ad una sola cosa.
Non mi indurranno a comprare cappotti rossi o a visitare ecommerce con prezzi faraonici. Tutte quelle lettere senza vocali, una dopo l’altra, mi faranno ricordare il mio amico del quale non ho più notizie e come era bello sentire pronunciare il suo nome da Kaled, il marocchino non marocchino più simpatico che abbia mai conosciuto. Vhlhntinhhhh.

Mio fratello, l’imprenditore


Un giorno,
il professore dell’università di Bournemouth (che pronunciata con l’accento local sembra una città del Medio Oriente) ha detto a mio fratello e ai suoi colleghi del Master in  Retail e Digital Marketing Communication:
simulate la creazione di un prodotto commerciale e consegnatemi una case history analizzandone:
– punti di forza
– punti di debolezza
– possibili next steps

Ricevuto il pdf, il professore è rimasto molto contento; mio fratello: no.
Indi per cui è passato: dalla creazione di un pdf alla creazione di un Brand: SHEEPLE.

giorgiodamatosenzapostrofo-sheeple

[ Sul sito vi assicuro che ci sono migliori, ci tenevo a farvi vedere però che c’é anche un frizzantissimo  Instagram]

 
Bene,
siccome tra poco è Natale e tra poco affollerete le strade come delle pazzeske alla ricerca di regali pazzeski, vi porgo  (per dirla come il prof. di mio fratello) 2 questions:

1) perché non passate dall’attuale store  di SHEEPLE
@Barletta, in C.So vittorio Emanuele 6,
e non comprate felpe a iosa?
(non dovete comprarle solo a iosa, anche qualcuna per voi stessi).

2) Se siste dei p.p. (pigroni portentosi) perché non le acquistate direttamente online,
da qui?  DEVI CLICCARE PROPRIO QUI

Io, delle idee regalo incredibili ve le ho date.
Pensateci due volte adesso, prima di manadre w.app vocali in cui:
– vi lamentate che non sapete cosa regalare a #chiccessia
– vi lamentate che nessuno vi da dei buoni motivi per spendere soldi in favore dei talenti under25.

Perchè io non vi ascolterò e farò orecchie da mercante.
Visto il periodo: in fiera.

 

Hai gli occhi come il tuo maglione, che in realtà però una felpa.


– Hai gli occhi come il tuo maglione, che è in realtà però è una felpa.
– Tipo?
– XS, forse S. Non più di una M comunque…
– Tipo, di che colore, intendevo…
– Marroncino, che in realtà però è un po’ verde.
– Sei sicuro?
– No, sono daltonico.
– Quindi in realtà tu vedi un maglione, ma potrebbe essere una trapunta, tipo…
– Sono daltonico, non sotto effetto di acidi.

– Vorresti amoreggiare ADESSO?
– Che nesso ha col daltonismo?
– Alcuno, ma la storia del maglione, che in realtà è una felpa, era un approccio…
– Allora ti dico no, che in realtà però è un fottiti.