tratto dal mio libro in attesa di un clemente editore
C’è un sacco di gente che crede in qualcosa.
Un sacco di gente che crede in Gesù, in Maometto, in Budda
che va fino a Lourdes, che torna da Fatima,
che torna dalla montagna
perché Maometto, a suo dire, preferisce il ravennate.
Questa gente crede in qualcosa.
Ed è giusto che lo faccia.
Costoro però, o la maggior parte, sempre per restare sull’approssimativo,
crede in cose facili, in religioni scontate
come sempre nella loro evidenza, intangibili.
Questa gente non si accorge di cose più acute,
di forze e di spiriti che si intrecciano sul bagnasciuga del fato.
Questa gente non si accorge che ogni mattina, soprattutto in alcune fasce periferiche della città,
si compie: il miracolo del pullman.
Più o meno in tutte le città, più o meno in tutte le nazioni,
ad un certo punto, un signore o una signora anziana, entrano nel pullman.
Ogni mattina, nel pullman,
questi anziani signori, guadagnato un posto semi stabile
iniziano a parlare.
Così.
Senza nessun motivo.
Del nulla.
Ed ogni giorno, quando questi signori iniziano la loro conversazione
immotivata, ingiustificata, insignificante,
qualcuno risponde.
Sempre.
È questo, checchè ne dicano i più scettici, è un miracolo.
C’è sempre qualcuno, sempre, che a un: oh come sono stanca oggi,
risponde: e come mai?
C’è sempre qualcuno, sempre, che a un: che bella giornata oggi
risponde: ha visto signora? Non come ieri, che pioveva…
C’è sempre, soprattutto, qualcuno che invece di aspettare la domanda sparata a caso,
propedeutica al miracolo,
anticipa l’anziano signore per far sì che l’incompiuto si compia.
Vuol sedersi signore, prego, io starò tutto il giorno seduto. Si sieda pure.
Grazie. Grazie mille. Ma lo sa che io quando ero giovane….
Miracolo casuale. Miracolo anticipato. Miracolo indotto, ma pur sempre miracolo.