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Venerdì mattina. Ore 13:00. Una telefonata durante una riunione. Un nome sullo schermo: Nonno Frank
– Pronto.
– Ninooo (che sarei io)
– Franco (che sarebbe mio nonno)
– Ninooo, mi senti?
– Sì Frank, dimmi.
– Ninooo, mi senti?
– Sì Franco. Ti sento. Dimmi.
– Stai dormendo? Perché parli piano? Non ti sento bene…
– No Franco, magari stessi dormendo… sono a lavoro. Ero in una riunione.
– Madòòò povero figlio. Una riunione all’una. Povero figlio…
– Va bè, Franco, dimmi dai, che c’ho poco tempo purtroppo. Come stai?
– Bene. Bene. Senti, ti chiamavo per una cortesia che mi devi fare, a nonno…
– Dimmi pure.
– Mi devi comprare dei giubbotti di nappa. Di nap-pa. Nap-pa. Hai capito?
– Di nappa, sì.
– Bravo. Ai tempi miei era pieno. Io ne ho comprati assai.
– Eee, ai tempi tuoi…
– Sì, ma anche adesso stanno. Erano i giubbotti degli aviatori. Ce li avevano gli aviatori americani. Erano belli assai…
– Va bè, ci provo. Ma scusa che te ne devi fare? Devi fare un regalo?
– Nooo, che regalo… sono a me. Me li devo mettere io.
– Ti devi mettere i giubbotti di nappa degli aviatori? Tu?
– Embè? Che c’è di male?
– No niente, è che c’hai più di ottant’anni, e col giubbotto dell’aviatore, sai com’è…
– Belli Nino. Belli sono. Di nap-pa. Nap-pa. Nap-pa.
– Sì, di nappa. Va bene. Vedo se ne trovo qualcuno…
– Bravo Nino, a nonno. Che fai adesso? Ti riposi un po’?
– Magari Franco. Ritorno in riunione e poi vado a mangiare…
– Madò, la riunione all’una. Povero figlio… povero figlio. Va bè, mangia mi raccomando. Mangia, a nonno. Ciao amore, ciao. Amore. Ciao. Ciao. Ciao.
– Ciao Franco.
Nap-pa. Nap-pa. Nap-pa.