Quando quel pomeriggio rifiutai le avances di Charlize Theron


– Ciao, ma tu sei Giorgetto?
– A dire il vero sarei Giorgio. Se tu vuoi però, puoi chiamarmi anche Edorarduccio…
– No. Preferisco Giorgetto.
– Perfetto. Tu sei invece Charlize Theron?
– Si, ma puoi anche chiamarmi Carmen se vuoi…
– No. Preferisco chiamarti Charlize. È molto più luxury.
– Come vuoi Giorgetto…

– Senti Giorgetto…
– Dimmi Charlize…
– Ho sentito parlare molto di te. Ho letto parecchie tue cose, e…
– E…
– E oggi pomeriggio,
– Siii
– Prima di andarmene da questa città,
– Siii
– Vorrei fare robba con te.
– Ah.

– Che c’è Giorgetto?
– Nulla.
– È perché fai questa faccia?
– Mah, mi aspettavo che mi dicessi come si fa ad arrivare in stazione con l’Enjoy, o che mi chiedessi in che ristorante mangiare stasera…
– Perché, non vuoi fare robba con me?
– Guarda, vorrei davvero..
– Ma?
– Ma devo stirare le camicie.
– Devi stirare le camicie?
– Sì, è domenica, domani ritorno in ufficio. Ho bisogno di camicie ben stirate per tutta la settimana…
– Cioè, mi stai rifiutando? Stai rifiutando di fare robba con me? Con Charlize Theron?
– No Charlize aspetta, non guardarla da questa prospettiva…
– E da che prospettiva la dovrei guardare? Mi stai dando un pacco, a me, a una super star di Hollywood, per stirare delle camicie…
– Sei la solita Charlize! La solita star! Ogni volta poni le tue esigenze dinnanzi agli impegni degli altri. Cosa penserebb la mia responsabile, se domani andassi in ufficio con una camicia non stirata, eh?
– Forse che…
– Forse cosa? Credi che al mio manager interesserebbe qualcosa, eh?
– Magari però potresti dirgli che ieri pomeriggio hai fatto robba con me, e che non hai potuto…
– Non ho potuto, cosa? Stirare? È facile parlare per te, Charlize, è troppo facile. Tu non sai cosa vuol dire doverti rifiutare, oggi pomeriggio. Tu non hai idea di cosa significa accarezzare un ferro da stiro e non i tuoi pregiati seni… Tu non lo sai!

– Dai Giorgetto, non fare così. Io volevo solo fare robba con te, oggi pomeriggio.
– Lo so Charlize, lo so. Ma io non posso. Davvero. E te lo dico col cuore in mano, disperato.
– Oh Giorgetto, sono mortificata.
– No Charlize, non devi. Non devi. Voglio che tu sia felice, come lo eri prima.
– Va bene. Lo sarò. E ti lascerò alla tua mansione quotidiana: stirare le camicie.

Umbertino (il brodo) e la vita caduca


Stasera si va a fare due passi
ti accodi? Chiesero ad Umbertino.

Non posso, egli rispose
Sto facendo il brodo, sentendo i Joy Division
e riflettendo su quanto la vita sia infausta.

Noi si parlava di stasera, precisarono gli amici.
Adesso son le 13:00.
Avrai molto tempo, da qua a stasera, di meditare sui tiri mancini del fato.

Avete ragione e abbiate pazienza, miei prodi,
ma il tempo caduco si assapora negli attimi vicini.

Come minchiazza parli? obiettarono gli amici,
al vacuo Umbertino.

Sto leggendo Bertolucci, si giustificò
ponendo avanti il dorso della mano.
Peccato che accanto a lui non vi era anima.
Ma leggeva Bertolucci, Umbertino, e si sentiva molto teatrale.

Il regista?
No, il poeta. Si può leggere un regista, di grazia? finalmente iniziò a polemizzare Umbertino.

Ora son molto più chiare molte cose, risposero liberati gli amici.
Quindi noi usciamo. Se poi ti va, fai uno squillo.

Certo miei prodi, andate pure.
Nostro potrà essere, nostro soltanto, il futuro.

Umbertì, spicci e scocciati i prodi dileggiati,
leggiti le cose serie.
Leggiti Fabio Volo.
Non le chiacchiere.

Ci pensò Umbertino alle parole degli amici.
Ci pensò tanto.
Ci pensò così tanto
che il brodo che stava preparando
si prosciugò nella pentola in ebollizione.
E confermò la teoria della vita caduca.
Come e quanto il brodo che c’era
e che in attimi infausti
sparì.

Dialogo col nonno 16


per le precedenti puntate clicca qui

Domenica. Ore 08:10. Squilla il telefono. Sullo schermo del Lumia il seguente nome: Nonno Frank. Troppo presto. Non si risponde per principio.

Domenica. Ore 08:30. Stesso squillo sullo stesso telefono. Cosa più preoccupante: è lo stesso nome che chiama.

–       Pronto.
–       Ninooooooooooooooo (che sarei io)
–       Ciao Frank (che sarebbe mio nonno)
–       Ti ho chiamato prima.
–       Sì, lo ricordo.
–       Non mi hai risposto però.
–       Sì. Ricordo anche questo.
–       E come mai?
–       Dormivo Frank…
–       Hai fatto tardi ieri?
–       Sì, un po’…
–       Beh, e io non lo sapevo. Altrimenti avrei evitato.
–       Certo, certo, lo so.
–       Ora sei sveglio?
–       Insomma…
–       Vuoi che ti richiami tra un pò? Tra una mezz’oretta?
–       No no. Mai sia. Dimmi tutto. Adesso.
–       Senti Nino, ti volevo chiedere una cosa…
–       E dimmela, mi sembra l’orario giusto…
–       Mi devi comprare uno dei quei cosi dove si sente la musica?
–       Che cosa? Un mp3?
–       No. No. Come si chiamano, quelli moderni, quelli che si mettono nello stereo…
–       Un cd?
–       Eee, bravo. Un cd.
–       E di chi?
–       Di Amy “Uainàs”.
–       Di Amy Winehouse?
–       Sì, lei. Ieri ho sentito un concerto in televisione. Ma brava eh… che voce… peccato, povera figlia che è morta…
–       Un gran peccato, è vero.
–       Io ho chiesto a tuo fratello. Ma ha detto che qui non esistono i cd. Se no me lo facevo prendere da lui.
–       Sì, lo avevo sentito che a Bari i cd si fossero estinti.
–       Ah Nino, amore, e poi un’altra cosa…
–       Dimmi.
–       Se puoi trovare delle bretelle
–       Delle bretelle?
–       Sì, delle bretelle. Doppie però. Come quelle che c’avevi tu l’altra volta.
–       Va bene. Le cercherò. Nient’altro?
–       No, no. Niente. Beh riposati adesso, va bene?
–       Va bene Frank. Buona giornata. Anzi, buonanotte.
–       Ciao amore. Ciaooo. Ciaoooo. Amore. Ciaoooo.